Intelligence delle cose, le relazioni pericolose tra noi e gli oggetti: le sfide per la sicurezza

By Adelmio Genovese

Il concetto di sicurezza e il suo campo d’azione si sono evoluti nel tempo. Infatti, non si parla più solo di protezione fisica. La società e l’intelligence internazionale giocano una nuova partita intersecando e studiando sempre più il rapporto tra le persone e le cose .

Quindi, il problema si sposta: il termine “oggetto” fino a poco fa indicava ciò che avevamo di fronte come arredo, simulacro. Oggi l’oggetto è diventato la cosa.

Sarebbe un errore imperdonabile credere che i fenomeni di terrorismo o di criminalità si possano riprodurre con i parametri passati. Oggi lo scenario è molto più multiforme. Non riguarda più solo l’uomo inteso come motore delle attività criminali, ma è la relazione tra gli uomini e gli oggetti, definiti, come detto sopra, cose, che può far scaturire, ad esempio, un atto terroristico. Pensiamo alla capacità di un attacco hacker – vedi il caso di Solar Wind o dell’oleodotto della Colonial Pipeline – di mettere in ginocchio un intero paese.

Indice degli argomenti Intelligence delle cose: dall’oggetto alla cosa Dispositivi e relazioni Sicurezza e sorveglianza

Intelligence delle cose: dall’oggetto alla cosa

Il controllo non avviene nell’oggetto in sé e per sé, tutta la tematica di Internet delle cose non ricade nelle cose o oggetti così come le vediamo noi, avviene tramite un collegamento, avviene prettamente nella comunicazione. Nel protocollo. Nell’informazione che si instaura tra gli attori e i giocatori in gioco. Noi studiamo la maggior parte dei casi quando le cose sono già accadute. Non ci preoccupiamo di come le cose accadono e del perché .

L’Internet delle cose va in qualche modo evoluto con quello che possiamo chiamare Intelligence delle Cose perché non sono più i dialoghi tra oggetti statici che determinano la nostra realtà quotidiana, ma la capacità attraverso la quale tali oggetti riescono a cambiarci automaticamente la vita e che sono in connessione automaticamente con noi, creando dei sistemi sociali. In questi sistemi sociali si evolvono anche i pericoli e le insicurezze.

Non bisogna focalizzare l’attenzione sull’importanza primaria dell’uomo o della macchina, ma sulla possibilità che tale rapporto possa avere un senso solo se e come comunicazione, ovvero informazioni. Queste cose sono reperibili anche nel terrorismo o nella cybersecurity o nella vita di tutti giorni. Ovvero la capacità di individuare ciò che mette in pericolo la nostra esistenza non più da canali tradizionali, ma da interfaccia totalmente insospettabili . Lì ricade lo studio di Intelligence delle Cose.

Dispositivi e relazioni

Che cos’è un dispositivo? Partendo da una più recente definizione da parte del filosofo Giorgio Agamben , dopo quelle di Foucalt e Deleuze, il dispositivo è “qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi. Non soltanto, quindi, le prigioni, i manicomi, il Panopticon, le scuole, la confessione, le fabbriche, le discipline, le misure giuridiche eccetera la cui connessione con il potere è in un certo senso evidente, ma anche la penna, la scrittura, la letteratura, la filosofia, l’agricoltura, la sigaretta, la navigazione, i computer, i telefoni cellulari e —perché no— il linguaggio stesso, che è forse il più antico dei dispositivi, in cui migliaia e migliaia di anni fa un primate —probabilmente senza rendersi conto delle conseguenze cui andava incontro— ebbe l’incoscienza di farsi catturare” e aggiunge di definire “soggetto ciò che risulta dalla relazione e, per così dire, dal corpo a corpo fra i viventi e i dispositivi”. Quindi avviene una vera e propria simbiosi dell’essere umano con il dispositivo , secondo cui il soggetto viene inglobato dal dispositivo fino alla sua evanescenza.

La considerazione di Agamben riflette proprio la realtà attuale. Pensiamo a tutti i dispositivi che oramai fanno parte di noi stessi e di cui non possiamo più fare a meno nella nostra vita quotidiana: dal semplice smartphone , che non ha più solo la funzione di telefono cellulare, ma funge anche da navigatore satellitare, fotocamere e videocamera, router wi-fi e tutte le altre funzioni possibili e immaginabili, come la misurazione della temperatura corporea o del battito cardiaco.

Lo stesso smartwatch , che chiede un collegamento Bluetooth con il proprio cellulare per sincronizzare i dati e che addirittura rileva se durante la giornata siamo stati poco dinamici e ci suggerisce di alzarci e fare un giro per fare del movimento, ci dà l’idea di come questa simbiosi tra noi e i dispositivi sia più che mai attuale e sempre più profonda.

Per non parlare poi di dispositivi come Alexa o Google Home , che sono entrati nelle nostre case da qualche tempo e che con semplici comandi vocali avviano determinate attività, come mettere la nostra playlist musicale preferita o addirittura accendere il riscaldamento domestico. Tutte queste funzioni hanno reso dei semplici strumenti, telefoni o orologi, nel caso degli smartwatch, dei dispositivi che interagiscono con noi e con la realtà che ci circonda , creando delle relazioni, appunto tra noi e gli oggetti stessi, che diventano a loro volta cose.

Sicurezza e sorveglianza

Gli strumenti di intelligenza artificiale , oltre a rendere possibili queste interazioni con l’uomo, rappresentano ancora un’incognita in materia di protezione e tutela dei dati sensibili.

Basti pensare ad Alexa Echo , il dispositivo di Amazon che registra tutte le conversazioni in casa o in ufficio per poi essere trascritte dalla stessa Amazon e reinserirle nel software per migliorarne le prestazioni. È pertanto difficile stabilire quanto, in un processo del genere, ci sia tutela dei dati sensibili degli utenti .

Sicurezza e sorveglianza finiscono per intrecciarsi.

In questa rete di essere umani e dispositivi, si innesta necessariamente una nuova Intelligence, che, appunto, deve fare i conti con le relazioni e le interazioni che si generano continuamente tra uomo e dispositivo.

Una sorta di Design Intelligence, che potremmo chiamare Desint, che andrebbe ad integrare le sue tecniche a quelle già proprie dalla Osint , Open Source Intelligence, e della Humint , Human Intelligence, e un nuovo compito per i Servizi segreti internazionali, ossia sposare e vigilare sul concetto di Intelligence delle Cose.